Foto © Altamedia – Giuliano Bianchini
“Antichissima Bismantova” – foto Iames Tirabassi
foto Luca Tondelli
Montagna sacra e quasi magica dell’Appennino reggiano, rupe dantesca (citata da Dante nel IV canto del Purgatorio: “Vassi in San Leo, discendesi in Noli / montasi su Bismantova in cacume / con esso i piè, ma qui convien ch’om voli”), ma anche ara celtica secondo recenti studi: la Pietra di Bismantova è la perla del paesaggio appenninico reggiano e il muto, eterno testimone della sua storia.
Abitata da popolazioni celtico-liguri, ma anche area di penetrazione etrusca, venne assoggettata dai Romani nel II a.C. (è citata come “Suis montium” da Tito Livio).
Divenuta poi caposaldo bizantino (Kastron Bisimanto, secondo Giorgio da Cipro), resistette fin al VII secolo agli assalti Longobardi.
Annessa da Carlo Magno nel 781 al comitato di Parma, passò poi ai Supponidi e dal 950 ai Canossa: questi ultimi eressero il Castrum Novum (Castello nuovo, l’odierna Castelnovo) che fu poi donato da Matilde stessa, nel 1111, al monastero di S. Apollonio di Canossa.
Nel XII e XIII secolo Bismantova fu al centro dei contrasti fra i Da Bismantova (un ramo dei Dalli), i Da Palude e il Comune di Reggio, che ne rivendicava il possesso, finchè nel 1409 passò sotto il dominio estense, a cui rimase fino all’unità d’Italia (1859). Ai piedi della rupe, sotto la parete sud-est, sorge un eremo, edificato intorno al 1400: per molti anni abitato dai monaci benedettini, oggi è un santuario della Diocesi di Reggio e Guastalla. Di pertinenza della Parrocchia di Ginepreto, vi si celebra la Santa Messa (per informazioni sugli orari rivolgersi all’ufficio Iat tel. 0522.810430). La Pietra di Bismantova si presenta come un enorme scoglio roccioso (1047 metri s.l.m.) sulla cui sommità si stende un vasto pianoro erboso di 12 ettari, una volta adibito completamente a pascolo, oggi in buona parte ricoperto da carpini e noccioli.
La componente rocciosa è costituita da biocalcareniti e da arenarie sedimentatesi nel Miocene inferiore, cioè 19 milioni di anni fa, su una base di marne sabbiose.
La presenza di altri minerali, soprattutto quarzi, e di numerose tracce di organismi (gusci di molluschi, alghe calcaree, spicole di spugna, denti di pesce, soprattutto di squalo) testimonia la vita geologica della rupe nelle età preistoriche. Con una lunghezza di 1 km, una larghezza di 240 mt., alta 300 mt. sull’altopiano che le fa da base, è un gigantesco esempio di erosione residuale.
I reperti archeologici (scavi ottocenteschi erecenti a cura dei Musei Civici di Reggio Emilia e dell’Università di Bologna) hanno individuato insediamenti umani a partire dall’età neolitica (occasionalmente sono stati rinvenuti manufatti in selce lavorata come punte di freccia, lame, schegge, risalenti a quel periodo), che si fanno più consistenti per la civiltà protovillanoviana (urne cinerarie di Campo Pianelli, conservate ai Civici Musei di Reggio Emilia).
La Pietra, di cui al momento sono stati indagati i siti di “Campo Pianelli” e della Località “Castelletto” (quest’ultimo ha restituito resti di un castello medievale), con tutta la zona circostante di interesse archeologico e naturalistico, fa parte del Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, istituito nel 2001, ora area Core del Mab Unesco. E’ il simbolo più conosciuto e visibile dell’Appennino tosco-emiliano: dagli alti valichi di Pradarena o dell’Ospedalaccio, ma anche da qualsiasi punto del crinale, si scorge inconfondibile la sagoma di Bismantova. Per secoli questo scoglio di roccia dagli spigoli vivi, conficcato al centro dell’Appennino reggiano, ha svolto la funzione di segnavia naturale per il cammino di prelati, uomini d’arme, pastori, mercanti. Le principali direttirici storiche del Reggiano, quella Verbolense del Secchia e quella “matildica” da Canossa, erano infatti entrambe convergenti verso l’inconfondibile Pietra.
foto Luca Tondelli